martedì 30 gennaio 2024

Dove sta il mistero e di che cosa si tratta? Il mistero lo scoviamo tra nota e nota, ovvero nella loro distanza. Una distanza percepibile ma non misurabile. Mario Brunello, Il silenzio, ediz. il Mulino, Bologna 2014, p. 73

venerdì 26 gennaio 2024

 Paradossalmente sembra che ciò che è vero sia senza tempo, senza luogo e più grande dell'individuo; eppure è vivo solamente per un istante ed è unico per l'insieme di circostanze che costituiscono quel momento di esperienza vissuta da una sola persona.
T.H. Ogden, 2005

giovedì 8 marzo 2012



Nessuno sa di dove viene il sonno
che aleggia sugli occhi dei bambini?
Sì. Si dice che abiti laggiù,
in un villaggio incantato, dove,
tra le ombre d’una fitta foresta
fiocamente illuminata dalle lucciole,
splendidi pendono due timidi fiori.
Ecco di dove viene il sonno dei bambini. (Tagore)

sabato 7 gennaio 2012

     Mutando il rapporto tra lavoro e soggetto, anche la vecchia alienazione operaia si trasforma in frustrazione soggettiva. Un modello in cui le reti affettive, l'empatia verso l'altro rimangono e anzi diventano sempre più centrali ma solo come simulacro di sé stesse, qualità devitalizzate e alienate di una umanità desocializzata. Le tracce dell'affettività riemergono sotto forma di capitale sociale, la categoria con cui il sapere dei sociologi, sempre eccessivamente prudente, ha ribattezzato la sussunzione del personale nell'economico traducendo legami sociali di natura simbolico-affettiva in pacchetti di contatti "utili" alla messa al lavoro. E' in questo processo di traduzione del personale in economico una delle radici della moderna alienazione soprattutto di chi lavora comunicando. E' il rapporto relazionale e sociale con l'altro che, mutata la sua natura da legame affettivo in legame utile, si erge di fronte alla coscienza del lavoratore cognitivo come merce astratta e soprattutto come forma di competitività che rende precaria e rischia in ogni momento di rompere la rete di socialità personale. Quando questo delicato equilibrio si lacera emerge la sofferenza [...] E' soprattutto la sfera degli affetti a venire meno e nella forma che gli psicologi hanno visto crescere in quella sorta di Mecca mondiale del lavoro cognitivo-creativo che è la Silicon Valley, l'inaridirsi di quella dimensione affettiva connaturata all'uomo come essere sociale che è il contatto fisico [...] Il lavoro cognitivo è dunque una scheggia di composizione sociale che pone al massimo grado un problema fondamentale di ricostruzione di una comunità di destino del lavoro nei tempi della disgregazione del legame sociale di classe. Perché è il sentimento che in maggior misura sperimenta in primo luogo a livello soggettivo la lacerante contraddizione tra una debolezza di rappresentazione in quanto soggetto sociale e la centralità oggettiva del suo ruolo nei processi produttivi e riproduttivi. (A. Bonomi e E. Borgna, Elogio della depressione, Einaudi, Torino, 2011)

domenica 1 gennaio 2012

Il fattore scatenante della dialettica disadattamento-adattamento è proprio il disadattamento alla specie: le forme di adattamento umane sono possibili solo grazie al disadattamento alla specie. E a sua volta questo disadattamento apre la strada al paradosso antropologico della morte: l'individuo che si afferma a danno della specie si afferma sia come realtà autonoma, chiusa in sé stessa, che rifiuta la morte, sia come realtà che partecipa di relazioni con l'universo naturale e sociale. (E. Morin)
                                                                                           


lunedì 3 gennaio 2011

S. Bolognini, Lo Zen e l'arte di non sapere cosa dire, Bollati Boringhieri, Torino, 2010.

Da sempre il passaggio adolescenziale costituisce un problema per l'umanità, e le soluzioni delle crisi individuali sono mutate nei secoli.
Un tempo, i metodi erano duri, e il Super-io sociale era per lo più repressivo o fanatizzante; i giovani venivano tragicamente usati per le guerre, e molta della conflittualità intergenerazionale presente all'interno di una comunità veniva più o meno inconsciamente canalizzata in quella direzione.
Ai giorni nostri, disattivato in buona parte il disastroso dispositivo bellico di sfogo delle pulsioni distruttive, e indebolite peraltro anche le funzioni protettivo-riparative dei rappresentanti gruppali e sociali del Super-io, i giovani sono più liberi, più esposti e più soli.
Il mio pensiero è che sia in corso una sorta di crudele e silenziosa selezione naturale; i più dotati, in senso complesso psicoanalitico, se la caveranno, sfuggendo alla malattia mentale, alla droga, alla delinquenza, al nichilismo e al disorientamento esistenziale.
Gli altri soccomberanno, in un ambiente "liberistico" sostanzialmente disinteressato alle loro sorti.
Altri ancora si ripareranno sotto un ombrello religioso di qualche genere, sotto il protettorato di un Super-io condiviso e condominiale, che fornirà loro le garanzie di sussistenza psichica di base, funzionando però spesso come un esoscheletro, non come elemento introiettato nel profondo.
Tra le pieghe e le smagliature di un tessuto sociale che non riesce a opporsi alla capillare penetrazione delle droghe, e che anche nelle sue figure istituzionali consente di fatto questa realtà distruttiva (se non vi ammicca addirittura in modo complice anche attraverso la voce seducente di pseudointellettuali che sono in realtà la replica aggiornata del pifferaio di Hamelin), non posso evitare di leggere una inconscia carica aggressiva ostile ai giovani: un genitore che non impedisce al figlio piccolo di mettere le dita nella presa della corrente elettrica non è uno spirito tollerante che consente al bambino di apprendere dall'esperienza, ma il portatore inconsapevole di un desiderio figlicida.
Con un "genitore sociale" perverso come quello attuale, che gabella come illuminato liberismo il proprio sostanziale disimpegno e l'impotenza - probabilmente sperando di sfoltire la concorrenza a sé o alla propria prole eliminando o invalidando la prole altrui - la legge della giungla si ripresenta sotto le spoglie ripulite di una facciata irreprensibile o addirittura progressista. [...]
Sono questioni complesse, come sappiamo.
Non sono, soprattutto, soltanto questioni stereotipe di destra o di sinistra, questo va detto chiaramente una volta per tutte: sono in campo correnti ancestrali ben più antiche.
Chi è un genitore e cittadino responsabile, nella nostra epoca, deve interrogarsi sul proprio reale atteggiamento profondo nei confronti delle generazioni a venire, al di là del proprio narcisismo individuale e dei modelli esteriori avvalorati dal consenso diffuso e dall'omologazione culturale, conformistica e rassegnata.

domenica 28 novembre 2010

L. Blisset, Q, Einaudi, Torino, 1998.



Sulla prima pagina è scritto: Nell'affresco sono una delle figure di sfondo. La grafia meticolosa, senza sbavature, minuta. Nomi, luoghi, date, riflessioni. Il taccuino degli ultimi giorni convulsi.
Le lettere ingiallite e decrepite, polvere di decenni trascorsi. La moneta del regno dei folli dondola sul petto a ricordarmi l'eterna oscillazione delle fortune umane. Il libro, forse l'unica copia scampata, non è più stato aperto.
I nomi sono nomi di morti. I miei, e quelli di coloro che hanno percorso i tortuosi sentieri. Gli anni che abbiamo vissuto hanno seppellito per sempre l'innocenza del mondo.
Vi ho promesso di non dimenticare.  Vi ho portati in salvo nella memoria. Voglio tenere tutto stretto, fin dal principio, i dettagli, il caso, il fluire degli eventi. Prima che la distanza offuschi lo sguardo che si volge indietro, attutendo il frastuono delle voci, delle armi, degli eserciti, il riso, le grida. Eppure solo la distanza consente di risalire a un probabile inizio.