lunedì 2 agosto 2010

R. Dadoun (1992), Sigmund Freud, t.i., Spirali, Milano, 1997.

Da Avvertenze preliminari

... ci sembra, e numerose manifestazioni potrebbero attestarlo, che il pensiero freudiano costituisca un pezzo strategico di primaria importanza nella conflittualità propriamente antropologica, concernente cioè l'essere, la realtà essenziale e la sopravvivenza dell'uomo, che caratterizza ormai un mondo segnato da una simmetria terribile e mortale. Sia la tirannia e l'influenza dei sistemi, delle organizzazioni e delle strutture di massa, con i loro capi dal carisma nebuloso e tremendo, sia le stupefacenti capacità d'illusione dei media, sia gli strumenti di distruzione totale in permanente disponibilità e in costante incremento esigono, a nostro avviso, che si dia o si ridia alla soggettività umana, al Soggetto, ossia all'individuo lucido, non ignaro delle sue strutture interne, della sua "terribile simmetria", un potere ineguagliato e propriamente elementare di resistenza, di sfida e di iniziativa. Per parafrasare una celebre formula di Freud, potremmo dire: Dove la Massa domina, ottenebra, schiaccia, il Soggetto deve avvenire!
Chi meglio di Freud ha designato le vie e i mezzi di quest'autonomia individuale, ha isolato e descritto le energie prime per una lucidità e una libertà fondate sull'intima e necessaria conoscenza dell'inconscio psichico e dell'inconscio politico? Ma, se in lui si trovano i principi e gli strumenti di un pensiero chiaro e distinto e alcune regole di tecnica psicologica, "elastiche", precisa, Freud non propone né regole di condotta e d'azione né leggi di moralità pratica; in nessun momento Freud si presenta come una "guida di vita".